EDUCARE O PUNIRE?
Solitamente un bambino, un ragazzo sta seduto a scuola per almeno 5 ore.
Solitamente si comporta adeguatamente per oltre 4 ore 30, 4 ore 40. Poi capita che per vari motivi come la stanchezza, una verifica andata male, una parola pungente, inizi ad avere atteggiamenti poco adeguati, tra imprecazioni, lancio di oggetti, o iniziando ad infastidire chiunque nelle vicinanze.
Che succede poi?
Nei casi migliori partono note e qualche richiamo, altre volte invece si attivano provvedimenti urgenti, sospensioni e segnalazioni. Si procede poi con la convocazione immediata dei genitori, riunione straordinaria dei docenti.
Da quel momento in poi esiste solo il ragazzo, il bambino problematico e ci dimentichiamo della sua storia, delle cose belle che ha fatto, tutto si sintetizza in quei pochi minuti in cui ha avuto bisogno di sgogarsi, magari con comportamenti inadeguati, poco consoni ad un contesto scolastico, ma sempre pochi minuti.
Così inizia l’iter degli specialisti: psicologo a volte psichiatra, in alcuni casi anche il sacerdote…per parlare di cosa? Solo per riferire quanto è accaduto in quei pochi minuti di ribellione e malessere. Perché ci rimane così difficile soffermarci sulla parte sana e funzionale dei ragazzi, che solitamente è la prevalente?
Credo che noi adulti genitori, educatori, insegnanti e professionisti dovremmo sforzarci un pò di più a vedere le 4 ore e trenta dei nostri figli, dei nostri allievi ed impegnarci ad ascoltare cosa sia accaduto in quella mezz’ora, in quei minuti che lo ha portato a reagire in maniera disfunzionale. Certo forse si potrà valutare anche una punizione, ma concentrarsi solo sulla punizione è un pò dimenticarsi del ruolo educativo che ogni adulto dovrebbe avere aldilà del ruolo.
Nessuno cambia solo per una punizione ricevuta, che serve di più a chi la da che a chi la riceve. Si cambia quando si viene ascoltati, si migliora quando veniamo capiti, si cresce quando si viene rispettati.
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