QUEL VUOTO DENTRO…
Quante volte abbiamo sfogato la nostra rabbia con violenza sulle persone, sugli oggetti, a volte anche su noi stessi? Ma poi ci siamo sentiti sconfitti, amareggiati per aver provocato altro dolore. Forse in un primo momento possiamo sentirci sollevati perché ci siamo sfogati, ma il dolore e l’indignazione che ci hanno fatto arrabbiare sono rimasti li, uniti ad altro dolore per ciò che abbiamo distrutto. A volte distruggiamo gli oggetti, altre volte relazioni, nei casi estremi danneggiamo le persone facendogli un torto più grande di quello che abbiamo subito. Ma in ogni caso abbiamo distrutto e possiamo solo raccogliere i cocci.
La distruzione però non ci fa sentire meglio: la rabbia non è curativa e non è nemmeno catartica perché non ci toglie il dolore. La rabbia distruttiva è la reazione dell’orgoglio ferito che vuole la sua rivincita, ma il dolore per ciò che abbiamo subito resta. Spesso la rabbia non la esprimiamo nemmeno e resta dentro di noi a logorarci. Dobbiamo tornare al dolore originario che l’ha generata e dargli voce e curarlo perché il dolore va ascoltato ed espresso con le lacrime, perché il pianto è liberatorio mentre i singhiozzi scuotono petto e addome liberando le tensioni accumulate.
Non è il pianto, ma la rabbia a farci perdere la dignità perchè la rabbia viene anche dall’orgoglio ferito, dal senso di impotenza per ciò che abbiamo dovuto subire spesso senza poterci difendere. Nella nostra cultura purtroppo, il pianto è tollerato soltanto nei bambini, a volte nelle donne, perché è associato alla debolezza, alla fragilità, ma nell’uomo no, deve essere represso.
Ogni bambino a cui viene impedito di piangere imparerà a trasformare il dolore in rabbia e crescendo diventerà distruttivo. Alcuni terranno la rabbia nascosta, logorandosi internamente, altri tenderanno a manifestarla in modo distruttivo, imparando a dominare gli altri incutendo timore.
In entrambi i casi non si libereranno mai del dolore interno che l’ha generata se non si curano le ferite subite. Dovremmo imparare ad esprimere il dolore, a risanare le nostre ferite, per risanare i rapporti umani. È la cosa più importante che possiamo fare per noi stessi e per i nostri cari perché per quanto ci sforziamo non possiamo tornare indietro nel tempo per cambiare ciò che è successo, come pure nessuno può ridarci ciò che abbiamo perso. Solo l’accettazione di ciò che è stato può darci la pace. Un grande aiuto sta nella consapevolezza che seppure in ogni momento qualcuno può ferirci, ognuno di noi ha gli strumenti per reagire, per sfogare, per trasformare, per curare e per lasciar andare.
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