LA STORIA DEL CALABRONE

Credo alla storia del calabrone, che a causa del suo corpo goffo e sproporzionato non potrebbe volare. Ma ho creduto purtroppo anche a quelli che urlano al mondo di accontentarsi, perché chi si accontenta gode, a quelli che dicono di non cambiare la strada vecchia per quella nuova, e, ancora, a quelli che chiedono a noi tutti di non fidarci delle apparenze, perché mentono. Ho creduto a tutti loro, poi…

Poi capisci che i bambini sono felici perché non sanno che per volare c’è bisogno di un paio d’ali.

Capisci che chi si accontenta muore a metà e che l’altra parte vive rimpiangendo quella ormai scomparsa.

Capisci che dell’ignoto non dovremmo aver paura, ma solo un profondo rispetto. La luna mostra sempre la stessa faccia, ma nulla vieta di credere che, al di là di ciò che si vede, ci sia qualcosa che potrebbe riempirci gli occhi di meraviglia.

Capisci che chi vive di apparenze è destinato a morirne, ma raschiare il fondo in cerca di certezze mostra solo metà di quella verità che proprio le apparenze a volte tengono nascosta. Dovremmo tutti essere un po’ calabroni, un po’ bambini, e credere che le mani possano arrivare sempre là dove la mente ci può portare. (L. Mattiello)