QUELLA TRAPPOLA EMOTIVA

Ho avuto modo di incontrarne tante, ma credo che tutti abbiamo conosciuto almeno una donna intrappolata in una relazione sbagliata. Una sorella, un’amica, una conoscente che all’ora di cena corre a casa spaventata dall’idea di arrivare dopo il marito.

Inizia così la storia, il racconto di un modo di vivere che gradualmente si trasforma in una prigione dalla quale è sempre più difficile uscire. Quando si comincia a chiedere il permesso per ogni singola cosa. Quando a poco a poco si crea il vuoto attorno, semplicemente perché è più facile che dover litigare per una telefonata di troppo. Quando si rinuncia spontaneamente a fare le cose, perché così nessuno potrà dirci che qualcuno ce l’ha impedito. Quando scegliamo da sole di sottometterci, perché in coppia funziona così. Se è una vera amica, capirà che adesso non posso stare con lei. Se è una vera amica, ci sarà sempre anche se non ci vediamo più tanto spesso. È mio marito, ha tutto il diritto di dirmi a che ora devo tornare. Non lo fa per sé, lo fa per i nostri figli. E comunque sono troppo stanca… Quando lo senti urlare una o due volte e poi decidi che sei stata davvero un’egoista, che cosa ti costa, smettere di andare in palestra dopo l’ufficio e fargli trovare la tavola apparecchiata. Quando ti convinci che è colpa tua. Ha ragione, la casa fa sempre schifo, dovrei tenerla più in ordine. No, ha ragione, povero, cucina sempre lui. Sono anche i suoi figli, ha tutto il diritto di chiedermi di non uscire di casa. No, lui mi avrebbe anche lasciata uscire, ma davano il suo film preferito. Quando a poco a poco si rimane da sole. Mai del tutto. Ogni tanto si recupera qualche amica, ogni tanto si esce la sera. Ma sempre a denti stretti, sempre lasciandosi una litigata alle spalle. E una scusa che sembra inattaccabile e che rende tutto amaro e sbagliato. Usi troppa benzina e siamo a fine mese. Non abbiamo i soldi per una cena fuori. Lo sai che la piccola si sveglia con gli incubi se non ci sei e domani ho una riunione importante. Mi preoccupo se sei in giro di notte in macchina. Potrebbero anche venire loro a casa tua, non è colpa mia se hai delle amiche egoiste. Prima dei lividi ci sono sensi di colpa e quel tradimento di noi stesse che a volte chiamiamo amore. Prima dei lividi ci si perde di vista, si cambia convinte che a cambiare sia lui. Si invecchia troppo in fretta, convinte che alla nostra età sia normale. Prima dei lividi c’è il vuoto che abbiamo riempito di scuse, di doveri e sensi di colpa fino a non sentire più l’eco. Prima dei lividi ci sono risate vuote, c’è la tensione nascosta dietro ogni sbaglio, c’è lo stomaco che si stringe a ogni urlo.

Prima dei lividi c’è la paura che non ammetteremo mai di provare. Perché nella paura c’è il seme di quella battaglia che non vogliamo iniziare. È prima dei lividi, che bisognerebbe intervenire. Ma chi ci ha provato come amica lo sa, non ci si riesce, prima o poi si è costrette a scegliere, fra essere escluse da una vita sbagliata e continuare a farne parte in silenzio. E prima dei lividi, con buona pace degli slogan e delle immagini scioccanti e delle belle parole, c’è solo la presenza colpevole. Quella presenza che si confonde con l’approvazione, quella sorta di omertà silenziosa a cui si è ridotto il nostro voler bene. Quella complicità dolorosa, in cui alla prima parola sbagliata vieni tagliata fuori. Prima dei lividi c’è il silenzio in cui inghiottiamo i nostri rimproveri e i nostri consigli in attesa del momento giusto. Che non arriva mai. E ogni tanto, per quanto sia orribile anche solo pensarlo, quasi ci speriamo che arrivi un livido. Uno piccolo, che farà meno male di tutti i lividi che la nostra amica si porta dentro e che l’hanno resa così diversa da quello che avrebbe potuto essere. Un livido abbastanza piccolo da guarire in fretta e abbastanza grande da poter dare finalmente un nome a tutte le violenze silenziose che è troppo difficile considerare una colpa.