“TUTTO BENE GRAZIE!”

Parole sintetiche e rassicuranti, usate spesso per eludere una comunicazione con l’altro che per vari motivi non è opportuno nemmeno iniziare.
Le cose cambiano quando queste parole le ripetiamo anche a noi stessi, negandoci ogni forma di sofferenza nonostante siano presenti emozioni dolorose, conflitti, dubbi e paure.
Quando ci rapportiamo con gli altri ci piace l’idea di apparire forti, capaci e adeguati, ma spesso dentro di noi c’è inquietudine, senso di vuoto, conflitti interiori spesso irrisolti…. Allora si preferisce evitare il confronto per non deludere le aspettative e ci si attiva nelle modalità più disparate per evitare di mettersi in contatto con se stessi: alcuni si prodigano ad aiutare gli altri per non pensare a sé, altri reagiscono criticando e giudicando chiunque… Così ci si abitua a negare ogni malessere interiore per timore di non essere compresi, per non diventare un peso che l’altro non riuscirebbe a tollerare.
Tutto questo spesso nasce dal rapporto che abbiamo avuto con i nostri genitori e dalle loro reazioni di fronte ai nostri malesseri: in particolare una reazione negativa o un’eccessiva ansia di un genitore davanti ad un disagio, può attivare nei figli la convinzione che sia sbagliato esprimere un’emozione che l’altro non è in grado di tollerare. Così si impara che chi ci è vicino apprezza solo le emozioni positive che possiamo trasmettere e che mostrare sofferenza non sia una cosa buona da fare, fino a pensare che sia “sbagliato”.
Un reale “sto bene” può arrivare solo dopo aver ascoltato i propri bisogni, le proprie sofferenze e disagi a qualsiasi età, imparando ad essere genitori di sé stessi.