SPUNTI DI TERAPIA: PRIGIONIERI DEL GIUDIZIO
“Mi scusi, mi vergogno molto per aver fatto questa telefonata, ho più di 70 anni, ho affrontato tante difficoltà, lutti, crisi economiche e problemi di salute importanti, ho rappresentato sempre un punto di forza per la mia famiglia, ma ora ho paura, paura di ammalarmi,di rimanere solo e senza aiuti.”
“So che c’è chi sta peggio, mi vergogno di chiedere aiuto, ma ho talmente tanta ansia che tutto mi sembra una tragedia, tutto è complicato, la notte rimango sveglio in preda agli incubi.“
Una richiesta di aiuto insolita e che fa riflettere, ricca di messaggi che esprimono la difficoltà di accettare l’impotenza, l’assenza di progettualità e di certezze da parte di chi, spesso persone anziane, non riesce ad esprimere le proprie ansie perché apparentemente meno gravi di altre situazioni.
A questo si aggiunge la fatica di doversi confrontare con un ruolo ed una centralità che nel tempo inevitabilmente si sono persi almeno in parte.
In effetti la tendenza a relegare in secondo piano il bisogno di ascolto di chi è portatore di un problema meno vistoso è piuttosto diffusa, specialmente in questo periodo.
Si fa fatica ad ascoltare, si tende a sminuire il problema, a volte qualcuno usa anche dei toni aggressivi verso chi, a proprio dire, non avrebbe alcun diritto di lamentarsi.
Questa sensazione di scarsa accettazione sociale provoca imbarazzo e vergogna, al punto che si evita di rendere pubblico il proprio malessere, evitando il dolore di non sentirsi compresi, o peggio di essere derisi da chi non è in grado di comprendere.
Come si fa a dare un valore alla sofferenza? Chi stabilisce chi sta peggio o chi sta meglio e chi può lamentarsi?
Non esiste una scala del dolore che sia socialmente condivisa, una gerarchia di problemi: la gravità dipende dall’entità dell’impatto negativo che percepiamo e che non ci permette di proseguire lungo il corso della vita, modificando il nostro equilibrio.
Certo non è facile mettersi in una posizione di ascolto reale, né si può pretendere che ciascuno provi a farlo: a volte basterebbe semplicemente non riversare su chi cerca ascolto la propria aggressività che, a pensarci bene, nasce da altrettante questioni che andrebbero affrontate…
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